La mostra intende restituire l’ombra agli uomini, alle donne, ai bambini e alle bambine che furono catturati e trasportati con la violenza al di là dell’Oceano Atlantico. E che – come ricorda uno degli ultimi schiavi americani, Cudjo Lewis – guardarono, guardarono, guardarono, e videro solo l’acqua. Finché al termine di un lungo viaggio a bordo di prigioni galleggianti furono scaraventati e dispersi in un nuovo universo, totalmente sconosciuto.
“Schiavitù e tratta: vite spezzate fra Africa e Americhe. Una ricostruzione storica” è la mostra che ripercorre la vicenda della schiavitù e della tratta lungo la storia, permettendo di fare luce sull’ordine del mondo attuale e sulle radici della discriminazione che anche in Italia continua a ostacolare la costruzione di una vita comune fra tutti coloro che vivono nella penisola, senza sentire minacciata la propria etnia (e sia chiaro che quella italica non è mai esistita).
Una vera ricostruzione storica curata da un gruppo di storici e antropologi, coordinata e realizzata dalla Biblioteca Amilcar Cabral del Comune di Bologna.
Nel periodo compreso fra domani (sabato 20 maggio) e l’11 giugno, in collaborazione con il Comune di Lecce, il Coordinamento delle Diaspore in Puglia – ETS, Unipop Interazione APS, Associazione Origens, HumanFirst e altre associazioni, la mostra sarà esposta nel chiostro dell’ex Convento degli Agostiniani di Lecce, negli orari di apertura previsti (9,30 – 20,00).
L’inaugurazione è invece prevista per sabato 27 maggio.
UN PERCORSO TRA SPAZIO E TEMPO
Il dramma della deportazione degli Africani nelle Americhe illustra la possibilità che hanno gli esseri umani, anche in situazioni di violenza estrema, di far germogliare comunità, resistenza all’oppressione, arte, e dare vita a una cultura nuova, che amalgami elementi lontani e differenti in una sintesi originale e libertaria.
“Il percorso si sviluppa come un viaggio nel tempo e nello spazio. Nel tempo perché ripercorre i quattro secoli che dalla fine del Quattrocento alla fine dell’Ottocento segnarono la nascita, lo sviluppo e poi l’abolizione della tratta transatlantica come commercio legale e costitutivo dell’emergente sistema capitalistico. Nello spazio perché la tratta degli schiavi ha annodato in un ordine globale le storie delle due sponde dell’Atlantico, facendone uno spazio di interscambio di merci, tra cui quella di esseri umani considerati alla stregua di un “bene mobile” soggetto a proprietà privata, e di idee e costrutti culturali”
Attraverso immagini e testi è proposta una ricostruzione storica della tratta degli schiavi tra le due sponde dell’Atlantico, dall’Africa alle Americhe, disegnando il contesto delle storie dimenticate di uomini e donne che a milioni (tra gli 11 e i 13 secondo le stime degli storici) furono vittime di un complesso e violento sistema di commerci, complicità e alleanze tra potentati e aristocrazie africane da un lato, e stati, mercanti, banchieri, piantatori, capitani europei e americani dall’altro.
Questa mostra intende restituire l’ombra agli uomini, alle donne, ai bambini e alle bambine che furono catturati e trasportati con la violenza al di là dell’Oceano Atlantico.
E che – come ricorda uno degli ultimi schiavi americani, Cudjo Lewis – guardarono, guardarono, guardarono, e videro solo l’acqua.
Ma è anche una mostra che cerca pure di ridare voce, corpo e identità a chi, uomini e donne, alla violenza della deportazione del Middle Passage risposero resistendo, ribellandosi, fuggendo e battendosi per la sua abolizione.