Gli artigiani sono in sofferenza. Negli ultimi 10 anni sono diminuiti in Italia di quasi 300 mila unità

È un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale. La Provincia di Brindisi è una di quelle che fa meno peggio rispetto alle altre.

Artigianato

Negli ultimi 10 anni il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato in Italia di quasi 300 mila unità, per la precisone 281.925.

Lo dice l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che “tira” fuori un quadro a dir poco desolante. Di fatto trattasi di un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi di provincia.

LO STATO DELL’ARTE IN PROVINCIA DI BRINDISI
Mentre in Italia, dal 2012 al 2021, l’Ufficio studi della CGIA stima (sulla base dei dati Inps) in -15,1% il numero degli imprenditori artigiani, tra le 103 provincie passate sotto la lente d’ingrandimento, quella di Brindisi è una di quelle sta meno peggio: -11,5% (da 9.417 “aziende” a 8.332).
Meglio (in termini percentuali) fanno solo le provincie di Napoli (l’unica con segno positivo: 0,2%), Trieste, Prov. Aut. Bolzano, Reggio Calabria, Taranto, Messina, Roma, Vibo Valentia, Palermo, Salerno, Imperia, Lecce, Siracusa, Milano, Latina e Genova.

LE CAUSE
Tante, e diverse tra di loro. Dal boom degli affitti, alle tasse e all’insufficiente ricambio generazionale, quindi anche la contrazione del volume d’affari provocato dalla concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico.
Questo ha portato (e sta portando) il numero degli artigiani a diminuire in maniera spaventosa. Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici delle nostre città per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante saracinesche abbassate.

BOTTEGHE E NEGOZI COME CENTRI DI SOCIALIZZAZIONE
E’ palese una cosa: con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani.
Queste micro attività conservano l’identità di una comunità, oltre ad uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio.
Venendo meno, tutto si ingrigisce, peggiorando la qualità della vita di molte realtà urbane. Perché le città o piccoli centri non solo piazze e monumenti, palazzi e strade, ma anche luoghi dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere.
E le piccole botteghe artigianali hanno da sempre assolto a questa funzione.

I MESTIERI A RISCHIO ESTINZIONE
L’Ufficio studi della CGIA segnala che i mestieri artigiani tradizionali in declino sono: autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.), calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, impagliatori, lattonieri, lavasecco, materassai, orafi, orologiai, pellettieri, restauratori, ricamatrici, riparatori di elettrodomestici, sarti, stuccatori, tappezzieri, tipografi e vetrai.

I motivi? Sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, dopodiché le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali. Al contrario ci sono attività artigianali in continua espansione come acconciatori, estetisti, massaggiatori e tatuatori. In conclusione: l’artigianato va tutelato, così come previsto dall’Articolo 45 della Costituzione.