L’impatto di lungo periodo della pandemia sull’insegnamento a scuola: l’analisi di Openpolis

L’emergenza Covid ha inciso su metodi didattici e modalità di insegnamento, con effetti non necessariamente di breve termine. Rendendo ancora una volta evidente quanto sia importante investire sugli insegnanti e sulla loro formazione

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La quotidianità della vita scolastica è uno degli aspetti che hanno risentito maggiormente dell’emergenza Covid.

Nei mesi più difficili della pandemia, l‘impossibilità di fare scuola in presenza ha inciso enormemente sulle consuetudini delle classi e anche su metodi e strumenti di insegnamento.

La didattica a distanza, da un lato risolutiva perché ha consentito di non interrompere del tutto il percorso scolastico, ha però anche rappresentato una sfida enorme per il nostro sistema educativo. E’ stato un vero e proprio cambio di metodologia, che in un batter di ciglio ha modificato e stravolto metodi e strumenti di insegnamento, obbligando in brevissimo tempo a un adattamento da parte di alunni e insegnanti.

Questi ultimi hanno dovuto adeguare i propri sistemi didattici nella situazione mutata, in un contesto che senza preavviso aveva stravolto la modalità con cui si sta in classe e il rapporto tra docente e alunno.

Le analisi di Openpolis

Non lasciano dubbi di sorta: anche per questo, gli apprendimenti sono calati soprattutto tra gli studenti svantaggiati.

E’ assodato infatti che le competenze degli studenti sono calate durante l’emergenza, complici una serie di fattori. Primo tra tutti proprio le disuguaglianze tra gli alunni: è esplosa la disparità chi aveva alle spalle una famiglia in grado di supportare il lavoro della scuola e chi no. Anche la disponibilità di un luogo tranquillo dove studiare e di dispositivi digitali ha fatto la differenza.

Nel 2022 per esempio, è stata del 12% la percentuale degli studenti con una condizione familiare medio-bassa che hanno concluso le superiori con competenze inadeguate nel 2022 (5,6% tra i coetanei avvantaggiati).

Modalità d’insegnamento

Sempre Openpolis mette in risalto come la pandemia sia stata uno spartiacque nelle modalità di insegnamento, così come ha reso evidente quanto sia strategico investire sulla professionalità degli insegnanti.

Gli insegnanti sono i lavoratori in prima linea nel settore educativo. Avere insegnanti motivati è uno dei requisiti indispensabili per un sistema educativo di successo in cui gli studenti provenienti da esperienze di vita diverse possono realizzarsi e raggiungere il loro pieno potenziale. Il passaggio dalla didattica in presenza a quella a distanza a causa della crisi sanitaria globale ha ulteriormente sottolineato la centralità del ruolo degli insegnanti nel fornire a tutti gli studenti pari opportunità di accesso a un apprendimento di qualità.

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L’età degli insegnanti in Italia

Sempre secondo le analisi approntate da Openspolis, nell’anno scolastico 2021/2022, in Italia in media il 10% del corpo docente aveva meno di 35 anni. Una percentuale che scende ulteriormente, al di sotto del 3% (2,99%), se si considerano i solo insegnanti a tempo indeterminato.

Tale quota varia profondamente sul territorio nazionale tanto che nelle 38 province del Mezzogiorno si collocano invece al di sotto della media nazionale.

I dati in Puglia

In provincia di Brindisi era dell’1,99%, in provincia di Lecce dell’1,54% mentre in provincia di Taranto era dell’1,78%. A Bari il 2,10%, nella BAT il 2,95%, a Foggia l’1,66%.

Più nello specifico in provincia di Brindisi, su un totale di 5239 insegnanti a tempo indeterminato (dalle scuole dell’infanzia fino alle superiori, considerando anche quelli di sostegno) nell’anno scolastico 2021/2022 quelli con un’età fino a 34 anni erano 104, oltre i 54 anni 2437.

Ed ancora: 871 aveva un’età compresa tra 35 e 44 anni, 1827 tra 45 e 54 e, appunto, 2437 oltre i 54 anni.