Mafia: si infiltra tra 400 mila pugliesi affamati

Sono salite a 440 mila le famiglie in povertà relativa, passate in 1 anno dal 18,1% al 27,5%, tra le quali la criminalità trova terreno fertile. Lo denuncia Coldiretti Puglia

Coldiretti

Anche a causa dei fenomeni inflazionistici e speculativi, sono salite a 440 mila le famiglie in povertà relativa, passate in un solo anno dal 18,1% al 27,5%, tra le quali la criminalità trova terreno fertile per infiltrarsi, con la malavita che approfitta della situazione di difficoltà in cui si trova una fetta crescente di persone costrette a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari.

E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in occasione della commemorazione organizzata con l’Associazione Libera e Don Luigi Ciotti dei due imprenditori agricoli soci, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, vittime di un agguato mafioso nell’agosto 2017 a San Marco in Lamis, la cui unica colpa fu di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato e rimasero vittime, mentre lavoravano in campagna.

“Fra i nuovi poveri”, precisa la Coldiretti Puglia, “ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalle limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi per Covid. Persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche”.

Crescono pertanto gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore del cibo che è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone.

“Con la crisi le mafie si appropriano”, sottolinea la Coldiretti regionale, “di vasti comparti dell’agroalimentare dai campi agli scaffali, dai tavoli dei ristoranti fino ai banchi di bar e pasticcerie, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Dai mercati ai supermercati, dai trasporti ai ristoranti, dall’agricoltura all’allevamento, dalla carne alla frutta fino al caffè alle corse dei cavalli, oltre all’utilizzo illecito dei fondi comunitari destinati all’agricoltura, il volume d’affari delle agromafie cresce con attività che riguardano l’intera filiera agroalimentare”.

Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione “perché l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali”, sottolinea Coldiretti Puglia, “rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie”.

Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le agromafie impongono i prezzi dei prodotti agricoli, l’affidamento di servizi e appalti, la vendita di determinate produzioni agli esercizi commerciali che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali ottenuti da altre attività criminose.

“La Puglia è una regione a forte vocazione agricola ed è per questo che il business delle agromafie è divenuto particolarmente appetibile”, conclude Coldiretti Puglia. Capitolo a parte merita il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio ‘made in Puglia’, a danno dell’imprenditoria agricola pugliese e dei consumatori”.